Nikola Tesla è senz’altro fra i più geniali inventori di tutti i tempi. Di sicuro è l’inventore a cui sono state rubate più invenzioni, per poi farle passare per proprie, da parte di diversi personaggi diventati poi famosi per merito delle idee di Tesla. Il Il brevetto Drehstrom è una di queste invenzioni rubate.
Già quando aveva 36 anni ci provarono a far passare dei particolari reinventati delle sue invenzioni e Tesla risponde a tono, evidenziando il plagio in un suo articolo su una rivista tecnica. Anche non addentrandosi nei particolari tecnici si può cogliere il suo stile e la sua integrità.
Il brevetto Drehstrom (1892)
di Nikola Tesla – trad. di Luciano Gianazza
The Electrical World – N. Y. – 8 ottobre 1892, pag. 222.
Nell’ultimo numero di The Electrical World, ho trovato un articolo sul mio brevetto Drehstrom che è apparso originariamente su Industries, uscito, credo, dalla penna dell’abile editore di quel giornale. Alcune affermazioni fatte sono tali da far guadagnare terreno a un’opinione errata, che ritengo mio dovere prevenire — un dovere sgradevole, potrei dire, dato che non mi piace esprimere il mio parere su un brevetto, soprattutto se è mio.
Può essere, come afferma lo scrittore, che la teoria dell’azione del mio motore anticipata in un mio scritto all’American Institute nel maggio 1888, sia goffa, ma questa teoria è stata da me elaborata un certo numero di anni prima che i risultati pratici fossero annunciati, i brevetti sono stati applicati solo dopo che è stato senza dubbio dimostrato che il [mio] motore [a corrente alternata] poteva competere per efficienza con il motore a corrente continua, e che l’invenzione era di valore commerciale.
Questi brevetti sono stati ottenuti con l’aiuto di alcuni degli avvocati più abili degli Stati Uniti, esperti nel settore elettrico; le specifiche sono state redatte con grande cura, in considerazione dell’importanza dell’invenzione e con appropriato riguardo allo stato dell’arte di quel periodo, e se i brevetti fossero stati attentamente studiati da altri non sarebbero state reinventate varie caratteristiche del mio sistema e diversi inventori si sarebbero risparmiati a questa data una forte delusione.
Lo scrittore teme che potrebbe essere difficile per un giudice non tecnico decidere se un motore con due o più campi separati ed indotti, accoppiati insieme meccanicamente, rientri o meno nel mio brevetto. Non condivido la sua apprensione, i giudici sono uomini altamente qualificati e non richiede molta conoscenza tecnica per convincere uno che non fa differenza se due cinghie che guidano un albero rigido sono riunite vicine invece che distanti.
Né credo che sia necessario per l’onorabile giudice essere un partigiano della teoria della reazione dell’indotto al fine di riconoscere l’identicità dei due diversi arrangiamenti a cui si riferisce lo scrittore dell’articolo in questione.
In effetti, metterei seriamente in dubbio la sincerità di un uomo capace di concezioni chiare se dovesse sostenere che gli arrangiamenti sono essenzialmente differenti, anche se le cose dovessero stare esattamente come egli assume per via dell’illustrazione del “puzzle che dovesse sorgere”. Dov’è la differenza?
Prendiamo, per esempio, una forma del mio motore a due fasi. Ci sono due serie di magneti, ognuno alle parte neutrale dell’altro. Uno dei set, pertanto, potrebbe anche essere rimosso e posizionato lateralmente, ma una lunga esperienza dimostra che per potenza erogata, efficienza, costi di costruzione e aspetti meccanici generali tale arrangiamento è inferiore. I due insiemi sono collegati induttivamente attraverso il corpo dell’indotto o i relativi avvolgimenti.
Per parte del periodo uno dei set di magneti agisce come generatore, creando correnti di induzione che circolano nel campo di forza dell’altro set di magneti, che può essere visto come un motore.
Per la seconda parte del periodo il secondo set diventa ora il generatore ed il primo il motore, allo stesso tempo essendo l’azione tale che le correnti generate vengono sempre mandate in una direzione precisa rispetto al campo e una tendenza a ruotare in una data direzione viene impartita all’indotto.
Ora poni due campi fianco a fianco e connetti correttamente gli avvolgimenti dell’indotto. I campi non sono collegati nuovamente induttivamente? Le correnti generate da un campo non causano alle correnti di circolare nell’altro, e l’azione non è esattamente la stessa in entrambi i casi? Questo è un dato di fatto, non importa a quale teoria ci si voglia attenere.
Lo scrittore dice che nel caso di due strutture separate non c’è davvero nulla che possa essere chiamata rotazione del campo. Ma c’è tale cosa, quando le due strutture sono unite in una? Non è secondo le accettate nozioni concepire linee immaginarie come aventi origine semplicemente nelle proiezioni del polo esattamente nello stesso modo in entrambi gli arrangiamenti? A prescindere dal punto di vista assunto, anche il più ingiusto nei confronti dell’inventore, in tal caso a nessuno è permesso di andare così lontano da renderlo responsabile per teorie e interpretazioni di sua invenzione.
Le teorie possono andare e venire, ma il motore funziona, un risultato pratico è stato ottenuto e l’arte è avanzata attraverso i suoi dolori e sforzi. Ma ciò che io desidero far notare principalmente è che, nell’articolo a cui mi riferisco, lo scrittore sta solo considerando un caso che non può verificarsi. Sta evidentemente giudicando lo stato delle cose dal mio breve scritto presentato all’American Institute. Quel documento è stato scritto in fretta, in effetti, solo poco prima della riunione dell’Istituto, e non sono stato in grado di fare piena giustizia anche per quelle caratteristiche di cui, come dipendente di una società che possedeva l’invenzione, mi fu permesso di parlare esaurientemente.
Mi si permetta di osservare che le descrizioni dettagliate del mio brevetto sono state redatte con più attenzione del mio scritto e la visione che è possibile cogliere in esso è più ampia e veritiera.
Mentre la teoria “maldestra” è stata adattata come l’elemento saliente nella spiegazione dell’azione del motore, l’invenzione non è rappresentata come interamente dipendente da quella teoria; e nel mostrare un motore trifase con sei proiezioni, dove c’è manifestamente più coerenza con le idee popolari accettate per assumere che “linee di forza” semplicemente si formano nei poli di proiezione, questo punto di vista è stato assunto distintamente e con cognizione di causa, come la seguente citazione dal brevetto della mia fondazione mostrerà:
“Le variazioni nella forza e intensità delle correnti trasmesse tramite questi circuiti (linee e indotto) e che passano attraverso le bobine del motore producono un progressivo e costante spostamento della risultante forza di attrazione esercitata dai poli sull’indotto e di conseguenza mantengono l’indotto in rapida rotazione.”
Non è, in questo caso, questione di un campo rotante, nell’accettazione comune del termine di forza di attrazione, è semplicemente una questione di un diagramma di forza ed è irrilevante per il funzionamento se i campi sono vicini o lontani, o anche se siano o no collegati induttivamente.
Non credo che in Germania, dove l’ufficio dei brevetti è proverbialmente rigoroso nel difendere i diritti dell’inventore, un’appropriazione illegittima e sleale dell’invenzione da parte di altri sarebbe tollerata da un tribunale.